COSA SUCCEDE A FIDO SE CI LASCIAMO?

Gli animali domestici sono ormai divenuti parte integrante di tante famiglie e come tali ne seguono le sorti.

Cosa succede, ad esempio, al cane quando i padroni pongono fine alla loro relazione? Chi potrà conservare una relazione quotidiana con l’animale? Chi provvederà al suo mantenimento? Esiste per gli animali un diritto di visita?

La legge italiana in merito non regolamenta espressamente tale materia, ciò poiché la stessa considera il cane e gli altri animali da affezione, quali beni mobili oggetto del diritto di proprietà dell’uomo.

Tale concezione è nel tempo stata sicuramente superata dal sentire “sociale” che ha portato a ritenere i nostri amici a quattro zampe quali esseri senzienti, vale a dire sensibili ai sentimenti, poiché, a tutti gli effetti, coinvolgono la sfera dell’affettività sia dei proprietari, sia dell’animale stesso.

Non esistendo, al momento, una disposizione normativa che disciplini tali fattispecie, il compito di decidere il futuro del cane o del gatto nei giudizi di separazione o divorzio, così come per i genitori non coniugati, spetta al Giudice in tutti quei casi in cui non sia stato possibile raggiungere  un accordo sul punto.

Pertanto, nell’ipotesi di un giudizio consensuale, ovvero quello in cui i due contendenti sono riusciti a trovare un’intesa sui diversi aspetti relativi allo scioglimento della loro relazione, l’orientamento maggioritario consente, ad esempio, di inserire le clausole relative all’animale domestico nel verbale di separazione, sì poi da venire omologato dal Tribunale. Alcuni Fori preferiscono che tali condizioni vengano, invece, redatte in una scrittura privata a parte quale accordo tra i coniugi. Simile scenario si presenta anche per quelle coppie di genitori non coniugate che si rivolgono al Giudice.

La questione, diversamente, si complica laddove i “padroni” di Fido non hanno raggiunto tale accordo, poiché dovrà essere il Giudice a dirimere il contrasto, valutando le diverse posizioni ed interessi, come recentemente si può registrare, in quanto i Tribunali hanno iniziato a recepire il comune sentire del considerare l’animale domestico non più una “cosa”, ma un vero e proprio componente della famiglia.

Del resto è intuitiva la difficoltà di affidare il cane di famiglia all’uno o all’altro soggetto quando magari vi siano anche dei bambini che potrebbero risentire molto della separazione dal loro amico a quattro zampe, ragion per cui la decisione potrà anche pronunciarsi a favore di colui che non risulta essere l’intestatario del microchip, se tale decisione corrisponde al benessere dell’animale e alla tutela dell’affetto nei confronti dello stesso, arrivando a poter prevedere anche un affidamento “congiunto” che consenta una frequentazione ed una relazione frequente con entrambi i coniugi ed i figli dei medesimi.

Parimenti anche in punto mantenimento e cura dell’animale, nessun problema se i litiganti hanno trovato un accordo, mentre nell’altra ipotesi anche questo aspetto sarà oggetto della decisione del Giudice.

Forse una regolamentazione di questa materia potrebbe aiutare molte famiglie a ridurre le occasioni di contrasto, così come sta accadendo nel resto dell’Europa ove, da ultimo, anche la Spagna ha introdotto una normativa secondo cui gli animali domestici non sono più considerati oggetti, ma esseri senzienti, ragion per cui, così come già accade in Francia e Portogallo, nei casi di divorzio i Giudici, basandosi sulle necessità dello stesso, si pronunceranno a favore del coniuge che meglio potrà garantire benessere all’animale..

Da diverso tempo giace in Parlamento una proposta di modifica del Codice civile proprio volta a regolamentare l’affido degli animali presenti in famiglia in caso di separazione dei coniugi, proposta che si prefigge l’inserimento dell’art.455 ter del seguente tenore : <<….in caso di separazione dei coniugi, proprietari di un animale familiare, il Tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, indipendentemente dal regime di separazione o di comunione dei beni e secondo quello che risulta dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti i coniugi, i conviventi, la prole e, se del caso, esperti di comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale alla parte in grado di garantirne il maggior benessere. Il tribunale è competente a decidere in merito all’affido anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio>>.

Non resta che auspicare in un prossimo adeguamento della legge alla realtà sociale che “sente” gli animali domestici come quotidiane presenze con cui si instaurano profondi legami affettivi, al fine di fornire un ulteriore strumento per evitare nuovi inneschi di conflittualità nel momento patologico della relazione familiare.

Avv. Antonella Poli