Cass. 12962/2016. Stepchild adoption.
L’art. 44 lett. d) della l. n. 184/1983, là dove prevede l’adozione del minore in casi particolari, in presenza della constatata impossibilità di affidamento preadottivo, va interpretato alla luce del quadro costituzionale e convenzionale ed in particolare dei principi affermati dalla Corte EDU in ordine al best interest del minore.
La tesi per la quale, anche nell’ipotesi di cui alla lett. d) cit., l’adozione sarebbe comunque subordinata alla preventiva declaratoria dello stato di abbandono “condurrebbe sempre ad escludere che l’adozione possa conseguire ad una relazione già instaurata e consolidata con il minore, essendo tale condizione relazionale contrastante con l’accertamento di una situazione di abbandono”, così come configurata dall’art. 8 della l. n. 184/1983.
Solo l’adozione “legittimante” postula la situazione di abbandono del minore, non invece quella “non legittimante” (in casi particolari).
Si conferma l’interpretazione dell’espressione “constatata impossibilità di affidamento preadottivo” nel senso che «deve ritenersi sufficiente l’impossibilità “di diritto” di procedere all’affidamento preadottivo e non solo quella “di fatto”, derivante da una situazione di abbandono in senso tecnico-giuridico».
Poiché all’adozione in casi particolari prevista dall’art. 44, comma 1, lett. d) possono accedere sia le persone singole che le coppie di fatto, l’esame de requisiti e delle condizioni imposte dalla legge, sia in astratto (“la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”), sia in concreto (l’indagine sull’interesse del minore imposta dall’art. 57 primo comma n. 2) non può essere svolto – neanche indirettamente – dando rilievo all’orientamento sessuale del richiedente e alla conseguente natura della relazione da questo stabilita con il proprio partner.
E’ dunque legittima quella che, mutuando un’espressione anglofona, è stata definita stepchild adoption anche in favore del compagno dello stesso sesso del genitore biologico del minore.
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